Terre d’Oltrepò e il presunto vino adulterato: «Contaminati da prodotto conto terzi»

La difesa della cooperativa oltrepadana

Terre d'Oltrepò e il presunto vino adulterato: «Contaminati da prodotto conto terzi»

È affidato a un comunicato stampa ancora una volta senza virgolettati, nonché privo di nomi e cognomi, il commento della cantina Terre d’Oltrepò alla bufera mediatica seguita all’ispezione delle forze dell’ordine e dell’Icqrf, compiuta ieri mattina nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria del giugno 2020, su un presunto vino adulterato.

In sintesi, la difesa si muove su due fronti: il vino oggetto delle indagini sarebbe stato contaminato da un prodotto lavorato in conto terzi all’interno dello stabilimento; la cooperativa invita poi ad evitare una «caccia alle streghe» che danneggia l’immagine dell’intero territorio dell’Oltrepò pavese.

La cantina guidata dal presidente Andrea Giorgi (nella foto, sopra) «manifesta la propria sorpresa e non nasconde amarezza per quanto accaduto ieri». «In palese violazione dei principi di segretezza dell’indagine e in ironica concomitanza con l’approvazione in Parlamento del recepimento della direttiva Europea sulla presunzione di innocenza leggiamo sulla stampa un processo già scritto e deciso», recita il comunicato.

Poi l’autodifesa, sempre generica e senza attribuzione alcuna del virgolettato: «La Cantina non usa prodotti vietati dalla legge nella vinificazione. La Cantina adotta protocolli estremamente rigidi ed esegue migliaia di analisi all’anno, in più laboratori. La Cantina esegue numerose lavorazioni conto terzi».

Nella nota, Terre d’Oltrepò ricostruisce i fatti che hanno portato alle blitz di ieri, 30 aprile 2021. «Nel giugno 2020 un soggetto della Gdo (Grande distribuzione organizzata, ovvero il mondo dei supermercati, ndr) ha comunicato alla cantina che un prodotto non era conforme in quanto dalle analisi emergeva la presenza (0,14 g/l), con un valore poco superiore al limite di legge (0,1 g/l), di una sostanza vietata nella vinificazione, la diglicerina ciclica (comunque innocua per la salute)».

Blitz a Terre d’Oltrepò per presunto vino adulterato. Giorgi: «Chiariremo tutto»

La cooperativa dell’Oltrepò pavese precisa che «la cantina non acquista e non utilizza in alcun modo questo prodotto». «L’ipotesi più probabile è quella della contaminazione di un prodotto lavorato conto terzi che potrebbe essere residuato in un macchinario e quindi in qualche bottiglia».

Prosegue poi la nota di Terre d’Oltrepò: «La Cantina pigia circa 500.000 quintali di uva l’anno che corrispondono a circa 35 milioni di bottiglie. Il problema sarebbe riferito a qualche centinaio di bottiglie pari allo 0,0001 della produzione».

La cantina di fatto ha attivato la propria procedura di crisi e ha eseguito sullo stesso lotto di bottiglie di cui alla contestazione delle analisi in due laboratori indipendenti (San Michele all’Adige e ISVEA) che hanno indicato valori al di sotto dei limiti di legge.

«La Cantina – si legge infine nel comunicato diramato dall’ufficio stampa di Terre d’Oltrepò – si è messa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per chiarire tutti gli aspetti della vicenda ma non può accettare supinamente che una sacrosanta attività investigativa si trasformi in una caccia alle streghe, causando incalcolabili danni al buon nome della Cantina, dei suoi soci e di un intero territorio».

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